Rugby: Petrarca in Pro14? Domani la Fir deciderà

Il Petrarca in Pro14: fantasia o possibile realtà?



La formale richiesta avanzata dal Petrarca è primo punto dell’ordine del giorno del Consiglio Federale di sabato 16 all’Aquila.
di Angelo Volpe

Nel Consiglio Federale, previsto per domani all’Aquila prima del test match della Nazionale femminile contro il Giappone, la Fir deciderà della richiesta avanzata dal Petrarca di partecipare al Pro 14, ex Celtic League.

La notizia era arrivata, assolutamente inaspettata, a settembre. Una bomba, alla quale per la verità molti non avevano dato eccessivo credito, prendendola per lo più per una boutade giornalistica. Insomma, un titolo ad effetto per smuovere un po’ le acque sonnolente del Top12 italiano. Invece no; è dell’altro giorno la conferma che la cosa è seria, molto seria. Dalla stampa locale e specializzata, si apprende che vi sarebbe una lettera di intenti del Petrarca con tanto di garanzia per 8-9 milioni di euro a supporto della richiesta di ammissione. E domani dovrebbe arrivare la decisione del Consiglio Federale della Federazione. C’è da dire che il progetto Zebre, in quanto franchigia federale, sembrerebbe in pieno fallimento, certamente dal punto di vista sportivo, visti i risultati assolutamente deficitari ottenuti sul campo. Ma anche dal punto di vista gestionale, trattandosi di una voragine mangiasoldi interamente a carico della Federazione.

In questo quadro si inserisce l’iniziativa del Petrarca, volto a prendere il posto delle Zebre e lanciarsi, così, nell’avventura “celtica”. Tatticamente e strategicamente una scelta di tempi e di modi assolutamente perfetta. Giù il cappello a chi ha preso la decisione.

C’è solo da augurarsi che il progetto vada in porto per il prestigio del Petrarca e dell’ambiente che lo sostiene.
É questione di ore ormai, dopodiché sapremo qualcosa della decisione presa, se sarà presa, salvo rinvii per ulteriori valutazioni.

Uno degli aspetti più rilevanti della faccenda celtica è senza dubbio quello economico. Abbiamo letto sulla stampa di un impegno finanziario di 8-9 milioni annui. Se prendiamo a modello lo schema-Benetton, la ripartizione dovrebbe essere metà a carico della società e metà a carico della Federazione. Ma è un’ipotesi, va presa per quello che è. In ogni caso una montagna di soldi da far venire i brividi. La domanda che corre sulle bocche di tutti gli appassionati è ovviamente “chi ce li mette tutti questi soldi”? E per di più, non una tantum, ma per ogni anno di partecipazione al torneo europeo.

Il Petrarca da canto suo non si è espresso per nulla sull’argomento. Ufficialmente bocche cucite alla Guizza. Per quanto mi risulta non vi è traccia di comunicati ufficiali sull’argomento. Tutto è stato affidato a poche parole del presidente Banzato rilasciate al Gazzettino il settembre scorso. Ma molto vaghe, nulla di preciso o di dettagliato.

Detto che si tratta di un’avventura da far tremare i polsi, viene da sé che per il Petrarca e per Padova si tratterà di una vera e propria rivoluzione. Dall’anno della sua fondazione, il 1947, il Petrarca è passato attraverso le varie fasi di transizione vissute dal rugby italiano. Dal rugby “pane e salame”, assolutamente e puramente dilettantistico degli esordi sotto l’egida dei Padri Gesuiti, al dilettantismo professionale, organizzato, gestito e pianificato in maniera più che ottimale degli anni 70-80, fino a fine anni 90. Col nuovo millennio il rugby italiano di vertice si è sempre più proiettato verso il professionismo, sebbene in molti casi, a dirla tutta, è sembrato più una imitazione approssimativa di professionismo. Salvo alcuni casi particolari, per i quali la presenza di mezzi finanziari in notevole quantità ha permesso di fare un salto in avanti. Penso al fenomeno Calvisano, Viadana, Parma. Club emergenti e relativamente giovani che si sono imposti a livello nazionale.

In questi 70 e passa anni, il Petrarca ha adeguato con prudenza la propria natura all’evolversi del rugby in generale, mantenendo la sua mission tradizionale. Quella formativa giovanile che da sempre ha visto in Memo Geremia l’anfitrione per eccellenza. Migliaia di giovani si sono formati e cresciuti all’ombra di Santa Giustina prima e alla Guizza poi. Il vivaio è sempre stato (e lo è tuttora) il fiore all’occhiello del Petrarca. Conseguenza diretta della politica petrarchina è stata l’attenzione ai vertici del rugby nazionale. La Prima Squadra del Petrarca ha conquistato nel corso della sua storia ben 13 scudetti, cui vanno aggiunti una miriade di titoli giovanili. Il pubblico petrarchino, tra i più presenti e fedeli d’Italia, è abituato da sempre a vedere in campo i ragazzi del vivaio, visti nascere e crescere rugbisticamente in casa. Col passare degli anni questa presenza si è assottigliata, lasciando spazio maggiore a risorse provenienti da altri territori fuori regione e anche dall’estero, ma nella sostanza, una buona parte dei giocatori che scendono ogni settimana in campo con la maglia del Petrarca sono “tosi de casa”. Con tutto l’affetto che porta con sé l’appellativo.

Per decenni siamo stati abituati a considerare il clou della stagione o quanto meno, gli appuntamenti salienti, le partite con Rovigo, ma anche con Treviso, con le altre venete, con le squadre romane e aquilane, quelle emiliano-lombarde, a seconda dei tempi e dei periodi storici. Se il Petrarca andrà a disputare la Celtic tutto questo finirà. Basta Derby con la “D” maiuscola, basta trasferte in giro per l’Italia. Gli avversari saranno Leinster, Ospreys, Scarlet, Munster… Un salto di qualità affascinante, quanto terribile. Come faremo senza i rovigotti che cantano “neri merda, neri merda!!”? Mai avrei pensato, in più di quarant’anni di passione rugbystica, di arrivare un giorno a rimpiangere le contumelie rovigotte…

Ma la rivoluzione riguarderà anche i giocatori. Difficile, se non impossibile, pensare che solo più di qualche giocatore attuale possa rimanere a far parte della rosa costruita per gareggiare in Celtic. Vedremo una rosa rinnovata e pensata per altri obbiettivi, vedremo arrivare nuovi giocatori probabilmente perfettamente sconosciuti e dovremo dire addio, mi auguro non a tutti, ma a buona parte dei nostri beniamini di oggi a cui siamo tanto legati e affezionati. Io ragiono e parlo da modestissimo ex giocatore, ma soprattutto da appassionato petrarchino con decine di anni di militanza alle spalle.

Cambierà tutto o quasi tutto. Un salto assoluto, una scommessa sul futuro che spero, immagino, possa continuare però a contare sul retroterra culturale petrarchino. Ossia il vivaio, il Petrarca junior, le Under, i Cadetti. Ecco, questi capisaldi potranno costituire lo zoccolo duro del Petrarca tradizionale, quello che da sempre abbiamo imparato a conoscere, apprezzare ed amare. E che servirà a tutti per ricordarci di cosa è stato il Petrarca negli anni pre-Celtic. Ossia un pezzo di cuore.

Come spesso avviene, quando si affronta un cambiamento radicale ed epocale, sono più i dubbi e le incognite, i rimpianti e i turbamenti, che i facili entusiasmi. Vale per tutte le cose della vita. Vale anche per il nostro sport e per il nostro Petrarca.

Diamo tempo al tempo e cerchiamo di pensare positivo.